CARO ALDO BUSI TI SCRIVO PERCHE' ...
Del caso Aldo Busi-isola dei famosi , con relativa cacciata dello scrittore dalle reti rai,non ne ho parlato per mia scelta,ma accolgo molto volentieri l'invito di un lettore del blog ed amico a pubblicare una sua lettera aperta proprio per Aldo Busi.
Caro Aldo Busi,
le scrivo perché ho sentito forte il bisogno di esprimerle tutta la mia solidarietà e vicinanza dopo le ultime vicende che hanno portato alla sua messa al bando da ogni programmazione Rai.
Lei ha cercato di scuotere le coscienze di un pubblico televisivo (e non solo) intorpidito da un sistema perverso che lo tiene costretto in tale torpore. Il suo intento, mi pare di aver capito, è stato quello di lanciare un monito ai suoi ascoltatori, di far loro prendere coscienza di quella che è la reale trappola in cui sono incorsi insieme a tutti gli italiani: la perdita della propria libertà.
Rinunciare alla cultura in nome di un modo di vivere improntato ai valori che ci propone la televisione di oggi significa rinunciare alla capacità di pensare, di riflettere, di comprendere la realtà che ci circonda, significa rinunciare alla propria libertà.
E’ ormai in corso da diversi anni un lentissimo processo, non a caso innescato da chi ha pensato di accrescere il proprio potere per estenderlo dal mondo dell’imprenditoria a quello della politica, che ha inteso “rieducare” la gente con nuovi valori: il bene personale al posto del bene comune, il successo sopra tutto e con ogni mezzo, in particolare il successo facile e senza sacrificio, il denaro, l’apparire, l’uso del potere in ogni contesto a proprio ed esclusivo vantaggio, la paura che si venga privati di qualcosa se sulla propria strada si incontra chi è diverso da noi, la minaccia rappresentata da chi è diverso da noi.
Io non so spiegarmi come tutto ciò sia potuto accadere, ma so semplicemente che tutto questo non mi piace.
Riesco soltanto oggi a comprendere con molta amarezza una frase del filosofo Marx, imparata ormai diversi anni fa tra i banchi di un liceo, che dice che “la religione è l’oppio dei popoli”. Purtroppo, in tale subdolo compito, quello di ottenebrare le menti del popolo, alla chiesa cattolica si è oggi affiancata la televisione: la chiesa e la televisione, così come oggi viene in gran parte utilizzata da chi ne ha il controllo, svolgono questo ruolo perverso di controllare le coscienze, di manipolare i pensieri fino a generare nelle masse un pensiero comune, che si cerca con ogni determinazione di consolidare e preservare da minacce esterne, perché – come diceva sempre Marx – è più facile tenere sotto controllo un popolo schiavo, cioè non libero di pensare, in quanto sotto l’effetto di una droga creata ad arte per lui, che un popolo che, al contrario, ha piena libertà di formarsi delle proprie idee.
Gli effetti di questo sistema perverso sono intorno a noi quotidianamente. Arroganza e ignoranza sono dappertutto. Il brutto incombe nelle nostre città in tutti i sensi: non può certo definirsi “bello” uno scenario urbano in cui vedi gente che non parla ma urla senza il minimo riguardo per chi gli sta a fianco, che usa il linguaggio della forza anziché quello della intelligenza.
Mi è capitato personalmente di essere testimone incredulo di episodi esemplari in questo senso. In particolare, me ne vengono in mente due: un noto politico, in un bar qui nella città in cui vivo, Roma, dove stavo sorseggiando un caffè, si è sentito così libero di poter fare ciò che, in cuor suo, la sua posizione di potere gli avrebbe consentito di fare, che, per allacciarsi la scarpa, ha pensato bene di appoggiare il piede sul bancone, dove, oltre il vetro, era esposta la pasticceria; l’altro increscioso episodio è avvenuto in metropolitana dove un signore anziano, per reclamare il proprio posto a sedere in uno scomparto in cui i sedili erano al momento tutti occupati, non ha chiesto la cortesia di rinunciare al proprio posto alla persona più giovane cui era vicino, ma ha ritenuto di spostarsi appositamente qualche metro più in là per pretendere che lo facesse un extracomunitario che aveva intravisto e che pensava avesse meno diritto di stare seduto rispetto ad altri passeggeri, all’apparenza italiani.
Tutto quanto ho finora raccontato rappresenta un mondo che mi procura malessere e delusione e ho voluto parlargliene per spiegarle che le sue parole di condanna verso una politica incapace e verso una chiesa omofoba, parole che ha usato nella trasmissione televisiva Rai che l’ha vista protagonista fino a qualche giorno fa, hanno trovato in me un ascoltatore attento e per niente infastidito dai toni usati. Credo, anzi, che lei abbia dato a tutti, in tale circostanza, una vera lezione di cosa significhino le parole libertà e dignità e, proprio per questo, le confesso di essere rimasto indignato quando ho saputo della decisione della Rai di radiarla da tutte le sue programmazioni.
Lei, purtroppo, ha ragione quando dice che in Italia oggi è considerato criminale non chi compie il crimine ma chi lo denuncia.
Lei è stato considerato un criminale per aver denunciato le colpe altrui.
Ebbene, l’Italia che io sogno e in cui vorrei un giorno vivere è un’Italia sovraffollata di criminali come lei, che si sia finalmente svegliata dal sonno buio e cupo di questi tristi anni e nella quale, invece, i veri criminali, che oggi demonizzano la sua persona, paghino la loro giusta pena, in nome della ritrovata libertà degli italiani.
Semplicemente, aggiungerei, in nome della verità.
Un sentito e caro saluto.
Leonardo
Caro Aldo Busi,
le scrivo perché ho sentito forte il bisogno di esprimerle tutta la mia solidarietà e vicinanza dopo le ultime vicende che hanno portato alla sua messa al bando da ogni programmazione Rai.
Lei ha cercato di scuotere le coscienze di un pubblico televisivo (e non solo) intorpidito da un sistema perverso che lo tiene costretto in tale torpore. Il suo intento, mi pare di aver capito, è stato quello di lanciare un monito ai suoi ascoltatori, di far loro prendere coscienza di quella che è la reale trappola in cui sono incorsi insieme a tutti gli italiani: la perdita della propria libertà.
Rinunciare alla cultura in nome di un modo di vivere improntato ai valori che ci propone la televisione di oggi significa rinunciare alla capacità di pensare, di riflettere, di comprendere la realtà che ci circonda, significa rinunciare alla propria libertà.
E’ ormai in corso da diversi anni un lentissimo processo, non a caso innescato da chi ha pensato di accrescere il proprio potere per estenderlo dal mondo dell’imprenditoria a quello della politica, che ha inteso “rieducare” la gente con nuovi valori: il bene personale al posto del bene comune, il successo sopra tutto e con ogni mezzo, in particolare il successo facile e senza sacrificio, il denaro, l’apparire, l’uso del potere in ogni contesto a proprio ed esclusivo vantaggio, la paura che si venga privati di qualcosa se sulla propria strada si incontra chi è diverso da noi, la minaccia rappresentata da chi è diverso da noi.
Io non so spiegarmi come tutto ciò sia potuto accadere, ma so semplicemente che tutto questo non mi piace.
Riesco soltanto oggi a comprendere con molta amarezza una frase del filosofo Marx, imparata ormai diversi anni fa tra i banchi di un liceo, che dice che “la religione è l’oppio dei popoli”. Purtroppo, in tale subdolo compito, quello di ottenebrare le menti del popolo, alla chiesa cattolica si è oggi affiancata la televisione: la chiesa e la televisione, così come oggi viene in gran parte utilizzata da chi ne ha il controllo, svolgono questo ruolo perverso di controllare le coscienze, di manipolare i pensieri fino a generare nelle masse un pensiero comune, che si cerca con ogni determinazione di consolidare e preservare da minacce esterne, perché – come diceva sempre Marx – è più facile tenere sotto controllo un popolo schiavo, cioè non libero di pensare, in quanto sotto l’effetto di una droga creata ad arte per lui, che un popolo che, al contrario, ha piena libertà di formarsi delle proprie idee.
Gli effetti di questo sistema perverso sono intorno a noi quotidianamente. Arroganza e ignoranza sono dappertutto. Il brutto incombe nelle nostre città in tutti i sensi: non può certo definirsi “bello” uno scenario urbano in cui vedi gente che non parla ma urla senza il minimo riguardo per chi gli sta a fianco, che usa il linguaggio della forza anziché quello della intelligenza.
Mi è capitato personalmente di essere testimone incredulo di episodi esemplari in questo senso. In particolare, me ne vengono in mente due: un noto politico, in un bar qui nella città in cui vivo, Roma, dove stavo sorseggiando un caffè, si è sentito così libero di poter fare ciò che, in cuor suo, la sua posizione di potere gli avrebbe consentito di fare, che, per allacciarsi la scarpa, ha pensato bene di appoggiare il piede sul bancone, dove, oltre il vetro, era esposta la pasticceria; l’altro increscioso episodio è avvenuto in metropolitana dove un signore anziano, per reclamare il proprio posto a sedere in uno scomparto in cui i sedili erano al momento tutti occupati, non ha chiesto la cortesia di rinunciare al proprio posto alla persona più giovane cui era vicino, ma ha ritenuto di spostarsi appositamente qualche metro più in là per pretendere che lo facesse un extracomunitario che aveva intravisto e che pensava avesse meno diritto di stare seduto rispetto ad altri passeggeri, all’apparenza italiani.
Tutto quanto ho finora raccontato rappresenta un mondo che mi procura malessere e delusione e ho voluto parlargliene per spiegarle che le sue parole di condanna verso una politica incapace e verso una chiesa omofoba, parole che ha usato nella trasmissione televisiva Rai che l’ha vista protagonista fino a qualche giorno fa, hanno trovato in me un ascoltatore attento e per niente infastidito dai toni usati. Credo, anzi, che lei abbia dato a tutti, in tale circostanza, una vera lezione di cosa significhino le parole libertà e dignità e, proprio per questo, le confesso di essere rimasto indignato quando ho saputo della decisione della Rai di radiarla da tutte le sue programmazioni.
Lei, purtroppo, ha ragione quando dice che in Italia oggi è considerato criminale non chi compie il crimine ma chi lo denuncia.
Lei è stato considerato un criminale per aver denunciato le colpe altrui.
Ebbene, l’Italia che io sogno e in cui vorrei un giorno vivere è un’Italia sovraffollata di criminali come lei, che si sia finalmente svegliata dal sonno buio e cupo di questi tristi anni e nella quale, invece, i veri criminali, che oggi demonizzano la sua persona, paghino la loro giusta pena, in nome della ritrovata libertà degli italiani.
Semplicemente, aggiungerei, in nome della verità.
Un sentito e caro saluto.
Leonardo
Sono assolutamente d'accordo con Leonardo che ha espresso perfettamente, con questa sua lettera, l'umore e i sentimenti di molta gente, me compreso.
ReplyDeleteLe parole del tuo lettore vanno anche ben oltre la vicenda Busi,è una lettura lucida,ed aimè veritiera,dell'Italia in cui viviamo.
ReplyDeleteIo presto mi trasferirò a Londra e spero di lasciarmi alle spalle questo squallore.
Pino G.
Le parole del tuo lettore vanno anche ben oltre la vicenda Busi,è una lettura lucida,ed aimè veritiera,dell'Italia in cui viviamo.
ReplyDeleteIo presto mi trasferirò a Londra e spero di lasciarmi alle spalle questo squallore.
Pino G.
Grazie per lo spazio generosamente concessomi.
ReplyDeleteLeo(nardo)
"L'invidioso non muore mai una volta sola,
ReplyDeletema tante volte quanto l'invidiato vive
salutato dal plauso della gente".
Gracián